sabato 30 maggio 2015

Gran Raid delle Prealpi Trevigiane 2015

Smaltita l'emozione dell'arrivo posso scrivere giusto "un paio" di righe sulla corsa.
E' ormai diventata la gara di casa, rara occasione di partecipare ad un ultratrail puntando la sveglia un'ora e mezza prima della partenza, il che significa alle 4:30 circa. Si parte in anticipo rispetto allo scorso anno, meglio sfruttare più luce possibile dato che la stagione ce lo permette.
Dalle 5:30 la musica che rimbomba per la piazza aiuta a riprendere lucidità, uscire dal mondo dei sogni e caricare la grinta necessaria per affrontare la prima lunghissima salita. Sicuramente anche gli abitanti di Segusino la penseranno allo stesso modo mentre si rigirano tra le coperte, imprecando, con i vetri delle finestre che tremano :)
Ore 6:00 Dieci, nove...,tre due uno, si parte, l'Inno di Mameli rivisto in chiave moderna da inizio alla giornata...e sarà lunga!
Un chilometro di asfalto ed inizia la salita. Alcuni guadi, dei bei passaggi tra il bosco ed in fretta arriviamo a Stramare, un delizioso borgo, composto da un gruppetto di case in pietra ristrutturate negli ultimi anni.
Procediamo in maniera spedita verso la frazione di Milies. Il sole sta sorgenodo oltre la linea delle creste delle montagne. L'incognita meteo mette una certa agitazione, il cielo ad est e verso la pianura lascia spazio a molte incertezze, dovesse girare male si parla di fare ore ed ore sotto l'acqua. Ma chissenefrega, godiamoci quel che viene, meglio assaporare i primi raggi che scaldano la pelle, con in sottofondo il cinguettio degli uccellini ed il profumo dell'erba bagnata che inizia a risvegliare i sensi (e a dirla tutta magari un caffettino con cornetto sarebbe il massimo!).
Saliamo ancora, Milies e via in "contromano" sul percorso della n'dar e tornar dal doc,  in programma per il 2 giugno, una veloce deviazione al percorso dello scorso anno ci porta in cima al monte Vallina per proseguire verso il doc.
Via sempre spediti, tra un passo e l'altro ampio la mia cerchia di amici ciacolando con chi mi capita a tiro e tra i partecipanti a queste corse trovo sempre dei fulminati (in senso buono) con cui condividere le esperienze passate...è un pò come buttare benzina sul fuoco trovarti lassù a parlare di TOR,  UTMB, PTL,  sogni, che ti fanno fantasticare sul futuro, su altre avventure che magari un giorno avrai la fortuna di poter vivere...
Ma ritorniamo tra i cavalli che pascolano tranquilli in cresta, alternati dal passaggio di qualche cervo e capriolo, una mattina fortunata per vedere animali.
Raggiungiamo velocemente la cima del Cesen e ci catapultiamo al primo ristoro, basta gel, è ora di togliersi qualche piccolo sfizio :)
Due minuti di stop e via su un bellissimo saliscendi che ci porterà tra morbidi sentieri e strade bianche verso il secondo ristoro, il tutto ovviamente avvolto dal delizioso nebbione che stazionava nel versante sud sopra una certa quota. Superiamo Posa Puner, poi da malga Canidi a Praderadego la discesa è infame per le mie ginocchia,  ma il profumo di pollastro allo spiedo, che si leva dalla casetta degli alpini, adiacente al nostro ristoro, risale lungo il versante e mi fa scendere in maniera solerte, se solo avessi un paio di posate ed una bavaglio nel Camel Back mi fermerei per apparecchiare!
Tappa rifornimento a Praderadego, sbavo sui polli non nostri e su, su, su. Ora tocca a Col dei Moi! Parti lungo una strada pendente, percorribile credo con dei buoni 4x4, poi passa su sentiero, per diventare quasi "in piedi". Ah che relax la salita. Primi attimi di follia! Sulla cima la nebbia la fa ancora da padrona nascondendo il panorama che spazia a 360 gradi dalle dolomiti al mare. Me lo guardo con la fantasia!
Si prosegue in direzione San Boldo affrontando la successiva "rampa" che mette a dura prova parecchi atleti. Ora è il caso di iniziare a pesare bene le energie,  ciacolare meno e andare avanti senza fare il fenomeno! Mi riposo qualche istante con la solita scusa di fare un paio di foto e giù. Da qui si apprezzano i contrasti orografici dei sentieri dove ci troviamo tra le due provincie, morbide colline verso il bellunese che culminano in strapiombi dal versante trevigiano.
Quarto ristoro, passo S.Boldo, circa 40 km di gara. Mi permetto una sosta di una decina di minuti abbondanti,  faccio rifornimento, mi magno un paio di paninetti favolosi e parto.
Ora tocca al monte Cimone, lo scorso anno mi aveva massacrato quella salita, oggi invece la sto gestendo bene e cerco di mantenermi tranquillo, è ancora lunga e mancano una montagna (in tutti i sensi) di metri di dislivello.
Eccoci verso Pian delle Femene, da qui si può ammirare Vittorio Veneto, i laghetti di Revine e tutta la pedemontana che si perde ad est, nebbia permettendo ovviamente. Il percorso cambia, niente più strada principali, ma continui saliscendi che procedono in parallelo, nervosa è dir poco.
Ed eccoci al fatidico cinquantesimo km, lo stomaco comincia a fare i capricci. Devo trovare la soluzione. Dallo scorso anno la soglia oltre i 50 mi fa passare brutti momenti nelle ultra. Calo il ritmo, nei tratti pianeggianti alterno corsa e camminata per gestire meglio il fastidio. Mah. Sarà lo stress, sarà qualsiasi altra cosa ma urge rimedio, consigli? Proposte? Vivere più rilassati sicuramente la prima...vedremo di applicarci!
Superato il monumento dedicato alle donne della resistenza il sentiero prosegue, e dopo altre due salite che ti fanno imprecare non poco e chiederti il perché sei li, chi te lo fa fare, ecco avvicinarsi il ristoro.  Giù di coca cola a modello stura lavandini. Altro paninetto, grana e avanti. I ristori sono eccezionali quest'anno, semplici ma completi.
Ormai ci siamo quasi, ancora un paio di "rampe" per raggiungere la cima del Col Visentin (che con i suoi 1763 metri tanto colle poi non è!), che da questa mattina si nasconde tra ne nuvole come fosse una montagna degli dei. Il punto di riferimento della gara, quando sei lì poi è tutta discesa. Lasciamo sulla sinistra la strada che lo scorso anno ci portava giù per risalire la cima dall'altro versante e andiamo avanti a passo spedito tra una chiacchiera e l'altra con il poco fiato che rimane, il restante lo porta via il vento, che soffia avvolgendoci nuovamente con la nebbia che richiama verso di noi. La visibilità cala a forse 10 metri, seguo il mio compagno davanti, confidando che veda bene il percorso sennò "i ne cata tuti in fondo ala val". All'improvviso spuntano le antenne, almeno la base dei giganteschi ripetitori, della punta manco l'ombra, si vede si è non qualche metro di traliccio che subito svanisce avvolto nel grigio. Mancano pochi metri al ristoro. L'incubo dei cancelli orari finisce e forse anche quello del meteo. Siamo sulla cima, sul punto più alto, a circa 60 km di gara! Con quattromila e rotti metri di dislivello sulle gambe inizia la parte finale. Le gambe ancora hanno voglia di correre sugli ultimi pezzi di cresta che divide il Fadalto dal bellunese, si dirada la nebbia e riesco a vedere sotto, quasi verticalmente, il lago morto. Ecco l'arrivo....in linea d'aria mancheranno un paio di km. Il solito senso di malinconia da fine corsa inizia a farsi sentire, queste avventure ti sfiancano, le soffri, però hanno la capacità di riempirti di gioia gli occhi e il cuore, trascorrendo ore ed ore tra le montagne assieme agli amici con cui condividi questa passione!!
Il rumore dei primi tuoni mi fa tornare alla realtà,  mi sveglio ed il cielo sopra Belluno è nero!! E mò so cazzi!! Sei lì in mezzo ad un bel prato, con in mano un paio di bastoncini mezzi in carbonio, figata, si gioca a fare i parafulmini tra poco. Bon basta cazzeggiare, cambio passo ed in qualche maniera riesco a correre come poche altre volte accumulando dislivello negativo, lascio tutti indietro ed entro nel bosco e mi sento già più tranquillo, forse era un falso allarme, sento il temporale allontanarsi. Va bene così, sono sollevato anche per gli amici dietro che scenderanno più tardi.
Dai, ormai ci siamo, ecco le prime stradine che interrompono il single track, l'ultimo ristoro e la discesa che porta al lago. È ancora chiaro, un'anno qui avevo la frontale accesa già da un pezzo. Gocciola, raggiungo la strada asfaltata e seguo le ultime balise. Intravedo in gonfiabile, corro sul ponticello che attraversa il laghetto, le gambe vanno da sole verso l'arrivo quasi come non sentano la fatica (magari mi presenteranno il conto dopo) eccoci, sento uscire dalle casse il mio nome, pochi metri, ora inizia a diluviare, rido, ci sono! Penso di avere un sorriso a 40 denti stampato in faccia. Ecco la medaglia, sono veramente contento.
Portati a casa anche questi 70 km scarsi, 4500 m D +,  un meraviglioso viaggio attraverso le prealpi, da Segusino al lago morto sul Fadalto.
12 ore e 50 minuti, due (ore) in meno dello scorso anno (cosa vuol dire allenarsi come si deve).
Un grande plauso va sicuramente all'organizzazione che rispetto allo scorso anno ha migliorato tutti i servizi, in particolar modo i ristori, che sicuramente hanno soddisfatto i gusti tutti i partecipanti. E grandissimi i volontari, che dedicano ore del loro tempo rimanendo appollaiati in posti assurdi tra i monti per garantire la nostra sicurezza.
Cos'altro dire, grazie anche a tutti gli amici che hanno condiviso con me il viaggio, a chi ha fatto il tifo a chi si è dovuto fermare (ma sicuramente avrà modo di recuperare!!).



 






































































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